Di Renato Voltolin

Il presente lavoro che, come gli altri finora pubblicati nei nostri “Quaderni di Psicologia Giuridica”, si rivolge in particolare agli uomini di Legge, si prefigge sostanzialmente due obbiettivi: a) contribuire ad un approfondimento conoscitivo dello specifico fenomeno della violenza, in modo da permettere  un nuovo approccio al problema, giuridicamente apprezzabile e utilizzabile, b) promuovere la realizzazione di una collaborazione interdisciplinare tra psicologia e giustizia.

Riguardo al primo obbiettivo, il nuovo approccio da noi proposto consiste nel considerare il comportamento violento, nonostante la sua connotazione negativa, come un elemento in qualche modo funzionale alla personalità del soggetto, alla stessa stregua di una costruzione sintomatica.[1] Del resto, che la violenza svolga una qualche funzione per l’economia psichica del soggetto violento è fuori dubbio, dato che spesso la motivazione oggettiva, manifesta, che spinge all’atto delittuoso, doloso o colposo che sia, non è sempre tale da giustificarlo. Il soggetto può arrivare a sfidare, anche reiteratamente, i rigori della legge, spinto da una sorta di compulsione  delinquenziale che sembra sfuggire al suo controllo, ciò pur in presenza di una consapevolezza della  natura deviante e delle conseguenze penali del suo comportamento. In effetti, non sto dicendo nulla di nuovo perché il fatto è noto e già Freud parlava dei “delinquenti per senso di colpa”, dando così un valore essenziale alle motivazioni inconsce.

Riguardo poi al tema della collaborazione interdisciplinare,  tratterò   sia delle ragioni che la rendono indispensabile, sia delle forme e delle modalità auspicabili per la sua realizzazione.

Il problema della interdisciplinarietà

Inizierò parlando della collaborazione interdisciplinare tra psicologia e giustizia, non solo perché senza di essa la psicologia giuridica rimarrebbe priva di incentivi, di motivazioni e di verifica, ma, soprattutto, perché le verrebbe a mancare la possibilità di fare quella progressiva esperienza sul campo che è un elemento fondamentale per ogni progetto di scienza applicata.

Molti sono gli aspetti che devono essere preliminarmente chiariti se si vuole fondare   detta interdisciplinarietà su  solide basi operative, così come è anche importante partire da una verifica dello stato attuale delle cose. Non si può infatti ignorare che, oggi, la psicologia ha ancora una posizione meramente ausiliaria  e quindi decisamente passiva rispetto alla giustizia. La richiesta di contributi psicologici conoscitivi proviene solitamente dal magistrato e dall’avvocato, non viceversa, e per di più esclusivamente nei casi previsti esplicitamente dall’ordinamento giuridico.

Manca quello che potremmo definire grossolanamente “un pacchetto di offerte” professionali che possa sperare di essere considerato, dall’uomo di legge, di una qualche utilità .

Sembra infatti che lo psicologo giuridico, in assenza di una specifica conoscenza dei problemi a rilevanza giuridica, aggravata dalla sua difficoltà ad orientarsi nelle aule dei tribunali, non sia in grado di assumere un ruolo attivo.

Sono  convinto quindi che l’impasse che caratterizza i rapporti tra psicologia e giustizia, non sia tanto dovuto alla carenza di una cultura psicologica da parte dell’uomo di Legge, quanto alla mancanza, da parte dello psicologo di quella cultura giuridica che sola gli permetterebbe di proporre contributi “mirati” ai singoli istituti giuridici.

Da qui la necessità che questa interdisciplinarietà venga sostenuta prima di tutto dall’uomo di Legge che si périti di spiegare allo psicologo i principi fondamentali del diritto, convinto che il suo sforzo potrà essere ripagato da un remunerativo feedback.

[1] Può sembrare più arduo sostenere questa tesi quando il fenomeno violenza appare in particolari condizioni di disagio e di emarginazione sociale. Tuttavia, poiché solo una minoranza dei disagiati e degli emarginati segue la strada della violenza, l’ipotesi rimane sostenibile.

Tratto da “Quaderno n.7 di Psicologia Giuridica”. Pubblicazione dello Studio di Psicologia Forense e Assistenza Giudiziaria di Milano. AUT. TRIB. MILANO N. 74 DEL 27/1/1999.

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